Abstract
Premessa un’analisi delle pratiche discorsive regolate di veridizione e delle forme ‘aleturgiche’, come l’insieme delle condizioni di possibilità della ‘volontà di verità’ prodottasi in un particolare momento della storia, l’articolo ripercorre la tematizzazione della parresia nella Grecia classica proposta da Foucault negli ultimi anni della sua vita. Dal suo significato originario, libertà di parola qualificata come diritto costituzionale e struttura politica della democrazia ateniese del V sec. a.C., subordinata ad una serie di condizioni legittimanti, la parresia all’inizio del VI sec. a.C. va in contro ad una torsione etico-pedagogica che la qualifica come virtù del filosofo consigliere del monarca e pratica o insieme di pratiche rivolte a persuadere circa la necessità della cura di sé. L’approssimazione del complesso delle tecniche parresiastiche ad un’arte stocastica diventa evidente presso le comunità epicuree, in ambito stoico e cinico e determina uno spostamento del punto in cui si articolano verità, logos e bios.
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