Abstract
L’articolo intende tracciare un fil rouge all’interno delle diverse letture deleuziane di Kant e la proposta originale di Deleuze in merito alla genesi trascendentale del pensiero, con particolare riferimento al concetto del sublime, alle problematicità a cui vanno incontro tali letture e al processo di variazione che Deleuze vi imprime. Oltre ai saggi deleuziani su Kant, il cuore del testo è Marcel Proust e i segni, qui presentato sia come contrappunto concettuale a La filosofia critica di Kant, sia come testo strategico rispetto all’intero percorso di Deleuze. In questo confronto tra le analisi interpretative della temporalità e del sublime in Kant e la proposta estetica e teoretica generata a partire da Marcel Proust e i segni, emerge la problematicità del concetto di sublime, che viene affrontata facendo ricorso a un insieme eterogeneo di testi di bibliografia secondaria, dei quali si tenta una ricognizione funzionale all’emergere di una pista più vicina al lavoro di trasformazione concettuale attuato da Deleuze nei riguardi di Kant. Tale ricognizione conduce cioè a presentare l’ipotesi che prenda corpo, in Deleuze, una sorta di “sublime minore”, come risultato non di una radicalizzazione del trascendentale kantiano e dell’Analitica del sublime, bensì di un’operazione più eterodossa et eterogenetica, che nel testo viene concepita “macchinica” e sottrattiva, dove solo la sottrazione dell’unità dell’anima e dell’uso logico delle facoltà permette di pensare la genesi dell’esperienza nei termini proposti dall’elaborazione deleuziana.