Abstract
Il presente articolo esamina la svolta operata dalla fotografia sperimentale del Novecento attraverso le ricerche di Man Ray (fotogrammi e serie Electricité) e László Moholy-Nagy (Light-Space Modulator), in cui la luce è concepita come principio attivo nella formazione delle immagini. Si approfondisce poi il pensiero di György Kepes al New Bauhaus Institute di Chicago, dove nei volumi Language of Vision (1944) e The New Landscape in Art and Science (1956) combina psicologia della Gestalt, metodi scientifici e creatività, proponendo la luce come principio generatore di forme e significati. Analizzando fotogrammi, installazioni cinetiche e macroradiografie, l’articolo dimostra come la luce modelli percezione e simboli, suggerendo un metodo multidisciplinare per orientarsi nell’“invisibile” algoritmico del paesaggio digitale contemporaneo.
