Abstract
La musicologia tradizionale ha a lungo considerato la musica pop e la musica classica come due entità distinte, o addirittura come due categorie ontologicamente opposte, ciascuna con specifiche caratteristiche estetiche, strutturali e compositive. Il recente sviluppo dell’Intelligenza Artificiale (IA), parallelamente all’utilizzo di algoritmi di apprendimento, ha suscitato una riflessione sul tipo di creatività associata al loro utilizzo. In particolare, l’uso dell’IA in fase compositiva è generalmente associato alla musica popolare piuttosto che alla musica classica. Tuttavia, se si potesse osservare una convergenza proprio in questo approccio compositivo, significherebbe che entrambi i domini musicali, seppur con risultati diversi, hanno origine dallo stesso atto creativo: ciò potrebbe portare a un confine meno rigido tra di essi. Infatti, se si considera che la creatività musicale (sia classica che pop) è il risultato della capacità dell’uomo di estendersi oltre i confini della pelle attraverso le tecnologie che produce, la presunta superiorità o inferiorità gerarchica di uno dei due domini musicali rispetto all’altro diventa inconsistente. L’obiettivo è quindi quello di mettere in discussione la dicotomia gerarchica tra musica popolare e classica, partendo da un esame critico degli approcci compositivi e procedendo all’analisi di casi esemplificativi individuati a livello diacronico. Questi casi mostrano che la tendenza umana a delegare determinati processi cognitivi a tecnologie più o meno complesse non è un fenomeno recente, anche in campo musicale. Si propone quindi una rivalutazione del fenomeno che vada oltre i suoi esiti esterni.