Abstract
La improvising machine Voyager è stata composta dal teorico e improvvisatore George Lewis negli anni Ottanta. Situata al confine tra azione ed eventi di altra portata, l'improvvisazione è un campo adatto in cui condurre il test di Turing. Qui si può vedere se un sistema di intelligenza artificiale può convincere qualcuno di essere intelligente rispondendo a un ambiente complesso. Anche se prodotti spontaneamente, gli improvvisatori si affidano al loro comportamento addestrato per rispondere a contributi imprevisti. Tracciando un parallelo tra la programmazione di una macchina improvvisatrice e le abitudini di un improvvisatore umano, la denotazione di Lewis di Voyager come composizione sembra minacciare l'attitudine dell'improvvisazione all'autoespressione e alla creatività. Attraverso l'esempio di Voyager, questo articolo esamina il rapporto tra abitudine e responsabilità di chi agisce. Sostengo che la novità dell'improvvisazione risiede nel fatto che l'improvvisatore impara a conoscere nuovi schemi nel materiale musicale, o a conoscere se stesso, poiché le sue abitudini sono ampliate dall'imprevedibilità.