Abstract
Questo contributo si propone di approfondire il rapporto tra il linguaggio e l'indicibile intrecciando un'opera letteraria - Der Tod des Vergil di Hermann Broch - e un'opera filosofica - il Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein. Nel primo caso, l'indicibile si identifica con il nucleo stesso del reale, con il processo genetico del mondo che sfugge incessantemente alle rappresentazioni linguistiche e alle strutture significanti volte a esprimerlo. Nel secondo caso, sebbene mondo e linguaggio condividano la stessa struttura, e quindi il linguaggio possa esprimere i fatti del mondo, ciò che sfugge al dicibile è la condizione di possibilità di questa struttura, la “forma logica” comune a entrambi. Sia per Wittgenstein che per Broch, il linguaggio si confronta incessantemente con qualcosa che rimane non significabile, ma che, nella misura in cui ciò che eccede il significato - il mondo o la forma logica - è allo stesso tempo la condizione di possibilità della significazione, viene esposto in ogni frase: l'opera diventa allora un'immagine dell'indicibile che si mostra, riflettendolo sulla sua superficie.