Amleto in Russia tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi due decenni del Novecento
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Come citare

Tagliagambe, S. (2021). Amleto in Russia tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi due decenni del Novecento . Scenari, (15). Recuperato da https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/scenari/article/view/1570

Abstract

La definizione di chiralità, dal greco cheir che significa “mano”, si deve a Lord Kelvin che la enunciò durante le “Baltimore Lectures”, una serie di lezioni tenute alla Johns Hopkins University di Baltimora, a partire dal 1° ottobre 1884, e pubblicate vent'anni dopo, nel 1904, in cui lo scienziato inglese, tra l'altro, affermava: “Chiamo chirale qualsiasi figura geometrica, o gruppi di punti, e dico che ha la chiralità, se la sua immagine in uno specchio piano, idealmente realizzata, non può essere portata a coincidere con se stessa”.La chiralità è, quindi, la proprietà geometrica di un gruppo di punti o atomi nello spazio, o di un oggetto solido, di non essere sovrapponibile alla sua immagine speculare. Queste strutture, definite chirali, hanno la proprietà peculiare di essere prive di elementi di simmetria del secondo tipo, ossia di un piano speculare, di un centro di inversione o di una rotazione-riflessione.L'ambiente è ricco di oggetti chirali: le nostre mani sono l'esempio per eccellenza, ma ne esistono molti altri, dal guscio di una lumaca a una galassia a spirale. L'articolo analizza l'uso della chiralità e delle immagini speculari nella famosa rappresentazione dell'Amleto di Shakespeare al Teatro d'Arte di Mosca (1911) con la regia di Konstantin Stanislavskij e le scenografie di Edward Gordon Craig. In linea con la tendenza del movimento simbolista a considerare l'opera di Shakespeare come un'opera di poesia piuttosto che come un'opera per il palcoscenico, Craig concepì la produzione come un monodramma simbolista in cui ogni aspetto della produzione sarebbe stato messo a disposizione del protagonista dell'opera: lo spettacolo avrebbe presentato una visione onirica vista attraverso gli occhi di Amleto. Per sostenere questa interpretazione, Craig voleva che Amleto fosse presente in scena durante tutte le scene, osservando in silenzio quelle a cui non partecipava. Il nocciolo dell'interpretazione monodrammatica di Craig risiede nella messa in scena della prima scena del tribunale. Il palcoscenico è stato diviso nettamente in due aree attraverso l'uso dell'illuminazione: lo sfondo era illuminato in modo intenso, mentre il primo piano era scuro e in ombra; i paraventi erano allineati lungo la parete di fondo e inondati da una luce gialla diffusa. Da un alto trono su cui sedevano Claudio e Gertrude, immerso in un fascio di luce dorata diagonale e brillante, scendeva una piramide che rappresentava la gerarchia feudale; la piramide dava l'illusione di un'unica massa dorata unificata, da cui le teste dei cortigiani sembravano spuntare attraverso le fessure del materiale. In primo piano, nell'ombra scura, Amleto giaceva dinoccolato, come se stesse sognando. Una sottile garza era appesa tra Amleto e la corte, sottolineando ulteriormente la divisione tra loro. All'uscita di Claudio le figure rimangono al loro posto mentre la garza viene allentata, così che l'intera corte sembra sciogliersi davanti agli occhi del pubblico, come se fosse un'immagine speculare, una proiezione dei pensieri di Amleto che ora si sono rivolti altrove. La messa in scena teatrale di Craig dell'Amleto, ricca di riferimenti alla chiralità, è molto attuale e interessante, perché sembra descrivere efficacemente un'atmosfera che possiamo definire “amletica”.

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