Abstract
L’arte come esperienza insieme terribile ed esaltante; l’arte, considerata
per secoli culla della bellezza, destinata a farsi protagonista di un’esperienza
che, proprio in virtù dell’idea intorno cui avrebbe continuato ad
arrovellarsi per secoli (quella della “bellezza”, per l’appunto), si ritrova
a non aver più nulla a che fare con le belle oggettualità tanto care al
suo passato. Ormai stiamo scoprendo che, forse, essa non ha mai avuto
davvero a che fare con una bellezza valevole come qualità di determinati
oggetti… le cosiddette opere d’arte. Ma sempre e solamente con la loro
nuda esistenza; quella che mai si lascerà risolvere nelle finalità caratterizzanti
l’orizzonte, sempre umano, troppo umano, della significazione.
E che continuerà, indefessa, a riflettere l’originaria insensatezza dell’esistere
di colui il quale avrebbe continuato a farsene baldanzoso artefice.
Liberandolo, invero, finanche dal compito di rendere ragione del proprio
insensato anelito fabbrile.