Iste ego sum. Specchi, materialità ed enunciazione
Abstract
Partendo dalle teorie di Eco e Fabbri sullo statuto dell'immagine speculare, il presente lavoro si propone di costruire un quadro teorico che ridefinisca l'intricata relazione tra soggettività, enunciazione e statuto protesico dello specchio. Se consideriamo lo specchio nelle sue caratteristiche materiali, sarà possibile affermare che la sua prima funzione è la reduplicazione dello spazio. Questa funzione è possibile perché lo specchio fa qualcosa al soggetto osservante, facendo emergere mondi possibili attraverso la material agency (Malafouris, Koukouti 2022). In questo quadro, il riconoscimento dell'immagine di sé è solo una delle possibili relazioni enunciative che gli specchi modellano e facilitano (Lobaccaro, Bacaro 2021). Sostengo che la possibilità di riconoscere la propria immagine è il risultato di una forma di enunciazione impersonale che l'immagine speculare apre attraverso i suoi attributi materiali (Paolucci 2020). L'impegno con la superficie riflettente distribuisce simulacri che fungono da istanze enunciative di diverso tipo: il sé, l'io, il tu e l'altro si scambiano all'interno dello specchio, nascondendo la natura catottrica del fenomeno.