Le costolette di Dolly. Per una semiotica della carne coltivata
Abstract
L’avvento della carne coltivata ha suscitato forti dibattiti in ambito alimentare, etico e politico. Questo nuovo genere merceologico, ottenuto facendo crescere cellule animali in bioreattori anziché attraverso la macellazione, non si distingue dalla carne convenzionale dal punto di vista nutrizionale, ma solleva interrogativi sul suo status culturale e naturale. Nonostante i benefici etici e ambientali della carne coltivata — come la riduzione delle emissioni di CO₂ e la tutela degli animali — l’introduzione di questo alimento innovativo è osteggiata da molti governi, tra cui l’Italia. Il dibattito, che travalica la sfera alimentare, coinvolge aspetti politici, sociali e culturali, creando una dicotomia tra i sostenitori della carne coltivata, che ne esaltano la sostenibilità e l’innovazione, e i suoi detrattori, che ne temono l’artificialità e i possibili rischi. Scopo di questo saggio è esplorare come la carne coltivata venga rappresentata nel discorso pubblico, tanto nella sua promozione quanto nella sua critica, attraverso l’analisi delle terminologie utilizzate e della retorica politica e sociale che la accompagna. L’analisi di diversi casi, incluse le posizioni italiane e statunitensi, offre uno sguardo sulle dinamiche culturali e politiche che ne influenzano l’ingresso nel mercato, sollevando interrogativi su cosa definisca davvero cosa sia Natura e cosa Cultura nel contesto contemporaneo.
