Abstract
In Dante il teologismo è legato al mito di Beatrice, essendo la gentilissima mediatrice fra la terra e il cielo, fra immanenza e trascendenza. A tale teologismo filogino è necessariamente collegata la possibilità di tradurre il reale in immagine. Shakespeare, nel suo libro di sonetti, mette in discussione tale teologismo, distinguendo un desiderio omosessuale, suscettibile di sublimazione estetica, ed un desiderio eterosessuale, prigioniero di pulsioni non sublimabili.