Abstract
Il presente contributo esamina la rappresentazione delle cosiddette horned women nell’Inghilterra e nella Scozia della prima età moderna, soffermandosi sulle vicende biografiche di Margaret vergh Gryffith, Mary Davies ed Elizabeth Lowe. Tali figure femminili furono accomunate dalla presenza di escrescenze cutanee cornee, che suscitarono vasto interesse tra osservatori, cronisti, predicatori e scienziati. Attraverso un’analisi che coniuga approcci storico-culturali, letterari e medico-antropologici, l’articolo indaga le molteplici modalità con cui l’anomalia corporea femminile venne percepita e strumentalizzata in contesti diversificati. Nel caso di Margaret vergh Gryffith, il suo corno frontale fu interpretato come manifestazione visibile di una colpa e utilizzato quale veicolo di ammonimento teologico e sociale. Con Mary Davies, invece, fu la spettacolarizzazione dell’insolito a prevalere, inserita nel circuito del meraviglioso e della cultura dell’intrattenimento tipica della Restaurazione. Infine, la figura di Elizabeth Lowe inaugurò un paradigma interpretativo improntato alla razionalizzazione clinica, in cui il corpo femminile, medicalizzato e studiato, divenne oggetto di indagine scientifica. Il saggio evidenzia come il significato attribuito all’alterità corporea non risieda tanto nell’anomalia in sé quanto nelle strutture epistemologiche, morali e simboliche che ne determinarono la ricezione. Le horned women si configurarono così come dispositivi narrativi e visivi attraverso cui articolare conflitti religiosi, tensioni di genere, e mutamenti nel rapporto tra sapere e meraviglia. A partire dai margini geografici e sociali, esse giunsero a occupare un ruolo centrale nell’immaginario collettivo, offrendo uno specchio rivelatore delle dinamiche culturali e delle strategie di normazione dell’epoca.
