Abstract
Il saggio indaga il modo in cui lessico e forme dell’obiezione di coscienza mutino a par-tire dalla seconda metà degli anni sessanta, transitando da una dimensione prevalentemente intima e individuale a una antimilitarista e collettiva. In un primo momento esamina le radici: il retaggio semantico dell’anarchismo, l’impatto delle lettere di don Milani a cappellani e giudici, le nuove proposte del mondo cantautorale. Nella seconda parte è analizzata la diffusione dell’obiezione an-timilitarista: i linguaggi delle dichiarazioni di obiezione individuali e collettive, la ridefinizione in chiave antimilitarista delle marce della pace, il ruolo dei diari degli obiettori nella denuncia delle condizioni delle carceri e della giustizia militare, la diffusione geografica dell’antimilitarismo non-violento e i suoi rapporti con quello che agiva dentro l’esercito, il ruolo del Partito Radicale.