Abstract
L’articolo presenta il linguaggio in una prospettiva fenomenologica ed ermeneutica, come facoltà dell’umano di produrre e reinventare il proprio mondo, per comprendere e oltrepassare la propria condizione – circostanza e vincolo – temporale. Il linguaggio diventa la “tecnica” umana atta ad afferrare, plasmare, frenare se possibile, un’inevitabile finitudine. Sono dispositivi linguistici atti a esprimere questa temporalità i simboli, i testi storici e di finzione, la corporeità. Un simbolo è la materia che l’umano semantizza per conservare e trasmettere un messaggio di epoca in epoca. Il textus, il racconto sia storico che di finzione, è il “tessuto” linguistico e l’”intreccio” narrativo che pone a distanza il presente per suggerirvi una prospettiva, un significato diversi. Textus spaziotemporale e più diretta espressione della temporalità è infine il corpo, che nella creatività del movimento e nella spontaneità dell’anticipazione stratifica le abitudini e orienta il presente all’avvenire. Così, nella materia, nelle narrazioni, fin nella carne viva, l’uomo tenta di comunicare e comprendere la propria temporalità e in qualche misura oltrepassare la propria finitudine.