Lo spazio liminale tra narrativa del soprannaturale e folklore digitale
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How to Cite

Corigliano, F. (2024). Lo spazio liminale tra narrativa del soprannaturale e folklore digitale. Margins/Marges/Margini, (1), 133-153. Retrieved from https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/margins/article/view/4134

Abstract

Il presente articolo parte esamina il concetto di spazio liminale nella narrativa del soprannaturale. Dopo una premessa sulla definizione di “spazio-soglia”, se ne propone un’analisi nei romanzi House of Leaves (2000) di Mark Z. Danielewski e Piranesi (2020) di Susanna Clarke. Il primo è un esempio di letteratura ergodica incentrato su una casa infestata non da fantasmi ma da dimensioni impossibili; nel secondo invece la soglia stessa assurge a una funzione totalizzante tramite la rappresentazione di una casa-mondo infinita. In seugito si prenderà in analisi una terza forma di spazio-soglia: il fenomeno culturale delle ‘Backrooms’, a metà tra leggenda popolare e narrazione collettiva online, che su internet e sui social ha definito un nuovo modo di intendere e fruire gli spazi liminali.
La letteratura del soprannaturale è un campo cangiante e magmatico, molto influenzato dai contesti di produzione e di ricezione. È un settore vasto, la cui concezione più ampia porta a includervi tutti quei testi che rappresentano al proprio interno, in un modo o in un altro, la realtà di qualcosa che è usualmente reputato soprannaturale o impossibile. Questa delimitazione deve necessariamente appoggiarsi all’individuazione di altre caratteristiche, quali espedienti formali o questioni tematiche, che permettano di suddividere ulteriormente una categoria altrimenti troppo ampia. Tra queste caratteristiche è utile considerare il ricorso a precise soluzioni di localizzazione spaziale: dai racconti di streghe di Plinio il giovane sino ai romanzi di Stephen King, la narrativa del soprannaturale lega gli elementi ultraterreni ad uno spazio delimitato, un luogo nel quale l’impossibile si manifesta o ha origine, la cui qualità e familiarità varia nel corso del tempo.
Il passaggio da un mondo senza soprannaturale a uno con ha un valore spesso metaforico, e la soglia tra una dimensione e l’altra assurge a simbolo delle categorie valoriali che una società adotta per capire e influenzare il mondo.
Da questa prospettiva si può apprezzare come lo “spazio liminale” abbia preso sempre più forza nella dimensione narrativa. La cultura occidentale contemporanea si confronta continuamente con gli spazi liminali, aree-soglia percepite come punto di transizione, di contatto tra mondi, materializzazioni del senso di attesa e di vuoto: le sale d’attesa, le stazioni di servizio, le fermate della metropolitana e così via. Da margine definito e chiuso, lo spazio-soglia può diventare – soprattutto nella letteratura del sovrannaturale – una dimensione a sé stante, un luogo-altro nel quale entità e concetti perdono definizione e nel quale le identità si sovrappongono. Uno scenario che può assumere connotati inquietanti, nel quale aleggia quel senso di volontà incombente che Mark Fisher individua nella modalità estetica dell’‘eerie’.
In questo articolo tenterò di dimostrare che la narrativa del soprannaturale prodotta nella società contemporanea – nella quale il senso di liminalità è sempre più comune e condiviso – tende a rappresentare la soglia come uno spazio esteso, attraversabile e abitabile. Per farlo prenderò in analisi due testi di letteratura del soprannaturale, House of Leaves (2000) di Mark Z. Danielewski e Piranesi (2020) di Susanna Clarke, e in un fenomeno culturale di internet, le ‘Backrooms’.

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