Abstract
Nella sua prima opera, Il concetto di amore in Agostino, Hannah Arendt mette in luce, all'interno del legame trascendentale che è l'amore cristiano, la relazione plurale che unisce gli uomini tra loro e con il mondo. Parte poi dalla dilectio proximi di Agostino per delineare la sua personale concezione di amor mundi. Con queste premesse, recupera il ruolo fondamentale dell'azione politica e individua in essa la via attraverso cui rispondere alla richiesta di una dimensione autentica e unitaria dell'uomo. L'epoca moderna ha oscurato il vero significato dell'azione morale, inserendo nella mente delle masse la convinzione che legge e morale siano la stessa cosa. In questo modo, la maggior parte dei nazisti eseguiva ciecamente gli ordini e non era in grado di esaminarli dal punto di vista etico del rispetto per l'umanità. Arendt cerca attraverso il giudizio una possibile riconciliazione tra theoria e praxis. Prende a modello il giudizio estetico di Kant, che non si basa su verità eterne e universali dell'intelletto, ma offre spazio alla ricerca di senso e significato, alla discussione, al confronto e alla libertà di pensiero. Il diritto di giudicare è quindi assolutamente inalienabile, perché solo giudicando costantemente l'uomo può dare senso al mondo e condividerlo con gli altri esseri umani. Non si può quindi prescindere da un'accezione etica del pensare, l'attività in cui pensiero e parola rimangono indissolubilmente uniti e caratterizzano il modo di vivere in cui possono manifestarsi qualità veramente umane.