Abstract
La questione dell’estraneo non è certo un problema molto frequentato dalla tradizione filosofica, anche se si è ripetutamente affacciato nei contesti più diversi. Con Husserl e la tradizione fenomenologica, l’esperienza è stata indagata anche secondo i suoi fallimenti, laddove, per esempio, qualcosa si mostra nascondendosi. Questa estraneità tematizzata è una specie di assenza in carne e ossa, una distanza nella prossimità, l’accessibilità di ciò che resta inaccessibile, come Husserl ha sottolineato nelle sue Meditazioni cartesiane. Ma come affrontare tutto questo senza privarlo del suo pungolo? Si tratta non di discutere intorno a una questione, ma di partire da un intoppo, cercando risposte, nella consapevolezza che il nostro pathos inizia comunque da altrove. Così l’essere umano si rivela un homo respondens.