Dinamiche dell’ornamento: forme, strutture, variazioni
A cura di Elisa Bacchi, Antonio Branca e Amalia Salvestrini
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Sin dalla sua teorizzazione retorica, la storia dell’ornamento ha preso vie differenziate, intrecciandosi con altri saperi e altre arti, in cui è apparso ora come una pericolosa finzione, ora come specchio del vero. In quanto problema originario che oppone e interseca retorica e filosofia, in particolare, l’ornamento assume già in Platone una connotazione ambigua perché, condannato come strumento con cui la retorica sofistica occulta il vero dietro un vuoto formalismo intessuto di figure di parole e di suono, è, allo stesso tempo, kósmos ‒ termine che, come rilevava già Semper, in greco significa tanto “cosmo” quanto appunto “ornamento” ‒ incluso nella formazione dell’universo del Timeo, in cui il quinto solido compare per ornare e decorare, ma anche per ordinare il tutto.
Si tratta, a nostro avviso, di una polarità essenziale, che il fascicolo proposto intende recuperare per mettere alla prova una ben precisa ipotesi: quella, cioè, che, proprio per la sua ambiguità strutturale per la quale esso può essere considerato tanto come adornamento quanto come ordinamento – struttura e variazione, come sottolinea Giovanni Piana –, l’ornamento costringa a dinamizzare qualsiasi concettualità e orizzonte di pensiero in cui viene a inscriversi, scardinando le teorie più statiche (per non dire “dogmatiche”) e tratteggiando al contrario una forma di pensiero sensibile aperta alle circostanze e al kairos. Forma di pensiero che ‒ proprio per non rinunciare alla sua funzione ordinatrice ‒ non può rinunciare neppure ad avere aspirazioni fondative.
L’ornamento ci interessa dunque innanzitutto per una sua peculiarità generalissima: la sua relazionalità dinamica, per cui l’ornare descrive un rapporto accidentale eppure costitutivamente appropriato con ciò che orna. È così che nel discorso retorico l’ornatus, in un arco temporale che va almeno da Cicerone fino a Leon Battista Alberti, si inserisce di fatto come quella particella che sembra avere valore accessorio, ma che, contribuendo a persuadere e a suscitare emozioni, costituisce una parte essenziale dell’intero.
Che sia in retorica, in musica o nelle arti figurative, l’ornamento increspa, piega, modula tanto il vero quanto la sua apparenza, permettendo di riconoscere forme e rapporti. È il caso della skiagraphìa: quella tecnica puramente illusoria di proiezione dell’ombra che Platone dovette veder praticare nelle botteghe dei pittori incaricati di dipingere manufatti in prospettiva. Ma è anche il caso del tracciare il contorno dell’ombra che per Plinio sta alle origini dell’arte pittorica stessa.
In tutti questi casi, l’ornamento e il tentativo sempre reiterato di tenerlo teoricamente a bada fanno problema perché l’ornamento si appella ai sensi: alla dimensione dinamica di una corporeità costituita e insieme costituente che sta in una relazione fondamentale con il concrescere della dimensione biologica. Esso è, secondo Alberti, il fiore in cui si trasforma Narciso, rivelandosi come il principio sensibile della metamorfosi delle forme.
È così che l’ornamento retorico si trasforma nelle vesti in movimento della pittura quattrocentesca, a partire dalle quali Aby Warburg rivoluzionava il concetto ottocentesco di storia dell’arte, sottraendola alla pura contemplazione e conducendola verso una concezione della forma come dimensione dinamica in cui pulsa una temporalità non lineare, fatta di apparizioni, latenze, ripresentazioni, sopravvivenze, per cui il fiore è frutto di un processo genetico sotterraneo che ha a che fare con l’intrico delle radici, con il loro sviluppo in cui la struttura si dà solo in quanto sovrabbondanza della germinazione.
In questo senso l’ornamento non è riducibile né alla concezione che lo vede come puro orpello, come aggiunta inessenziale che turba il senso, impedendo il percorso verso la sostanzialità del vero, né come parte indispensabile di una struttura fissata una volta per tutte, in rapporti statici, né come pura funzionalità per cui la forma deve essere sempre espressione di un obiettivo a cui tendere. L’ornamento rifugge sia alla definizione come mero artificio, tecnicizzato e macchinizzato, sia a quella che lo vorrebbe indice di una naturalità estrinseca fissata in legge, una natura naturata: esso segue piuttosto l’andamento di una natura naturans, di una morfogenesi che è sempre in relazione.
È questa morfogenesi a costituire, in ultima istanza, ciò che il numero vuole mettere in questione tramite la tematizzazione dell’ornamento.
Per farlo, il fascicolo accoglie contributi che si concentrino principalmente, ma non solo, sui seguenti punti:
- Il problema dell’ornamento tra retorica, filosofia e arti visive, con particolare attenzione alle sue origini platoniche, al suo sviluppo nella tradizione retorica classica, ripreso e variato da autori come Agostino, Guglielmo di Conches e Bonaventura, fino alla sua ridefinizione a partire da Leon Battista Alberti e alla sua riproposizione e messa in discussione nella riflessione di autori come Walter Benjamin e Ernst Bloch.
- La funzione dell’ornamento in musica, affrontando domande quali: come si configurano i dinamismi dell’ornamento tra quel complesso di ritmo e altezza che chiamiamo “melodia” – l’aspetto quantitativo e misurabile, nonché propriamente codificabile tramite segni – e le qualità “secondarie” del suono che ne determinano le variazioni dinamiche e il colore? O, ancora, come va sviluppandosi il rapporto tra scrittura e prassi musicale dal medioevo al Novecento? E come esso viene ripensato e rimodulato nella contemporaneità?
- Le teorie dell’ornamento a cavallo tra Otto e Novecento, con particolare attenzione per la linea che si muove tra Semper, Riegl, Wölfflin e Warburg e per la sua rimessa in discussione nella riflessione di autori come Sullivan, Root, Loos.
- La sopravvivenza della funzione morfogenetica e dinamizzante dell’ornamento nell’epoca postmoderna e le sue forme: quali possibilità espressive e di pensiero può offrirci, oggi, l’ornamento? Come esso si inscrive nella ridefinizione contemporanea dei rapporti tra arte e natura?
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Scadenza per la presentazione degli abstract: 15 novembre 2025
(decisione sugli abstract entro il: 30 novembre 2025)
Scadenza per la consegna degli articoli: 30 novembre 2026
Lingue accettate: Inglese, Tedesco, Francese, Italiano
Lunghezza dell’abstract per la formalizzazione della proposta: massimo 2.000 battute (spazi inclusi)
Lunghezza del paper: massimo 40.000 battute (spazi e bibliografia inclusi)
Il paper definitivo deve includere un breve abstract in inglese e cinque parole chiave, anch’esse in inglese.
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