Il concetto di paesaggio si sviluppa intorno a un’ambiguità semantica di fondo (Wylie 2007), ben espressa dalla diversa sfumatura di significato che il termine assume quando tradotto in inglese o tedesco: landscape, o Landschaft, si riferisce infatti primariamente alla forma reale assunta in un determinato tempo da una porzione di territorio, mentre il termine “paesaggio”, di derivazione latina, indica originariamente piuttosto l’immagine di un luogo in pittura (D’Angelo 2010). Da una parte, dunque, il paesaggio è un’unità di elementi spaziali, di origine naturale e/o antropica, avvertita sempre almeno potenzialmente dall’osservatore come una totalità immersiva, che il soggetto d’esperienza può scoprire, studiare e abitare (von Humboldt 1845; Sauer 1925); dall’altra, invece, il paesaggio è frutto di una mediazione, in senso ampio, “culturale”, capace di cogliere in una determinata area territoriale una determinata espressività, o Stimmung (Simmel 1914), e perciò di rappresentarla artisticamente. A grandi linee è anche possibile riconoscere due atteggiamenti umani corrispondenti nei confronti dello spazio; da un lato, il paesaggio è fondamentalmente il territorio in quanto percepito dalle popolazioni che lo abitano – a questo tipo di considerazione si rifà anche la Convenzione Europea del Paesaggio (2000); dall’altro, il paesaggio è il prodotto dello sguardo che l’artista, ma anche una intera comunità (Croce 1922), proietta sullo spazio, applicandovi non solo e non tanto la propria sensibilità, ma anche e soprattutto gli stili della visione dominanti nella sua epoca (Gombrich 1960) e, con essi, i suoi valori e interessi (Cosgrove & Daniels 1989). Da una parte, dunque, il paesaggio reale e vissuto, dall’altra il paesaggio rappresentato e immaginato (Lefebvre 1973, Soja 1996). Queste due dimensioni del paesaggio non si trovano tuttavia contrapposte in un rigido dualismo, ma si intrecciano e vivificano a vicenda, nella misura in cui le rappresentazioni scaturiscono già sempre da incontri impegnati e implicanti di osservatore e dato spaziale (Taine 1865, Merleau-Ponty (1948) e nello stesso tempo contribuiscono a definire le pratiche e il vissuto di abitanti e viaggiatori (Casey 2002). Questo ci restituisce alla fondamentale esteticità della nozione di paesaggio, intendendo per estetica, evidentemente, non già la dimensione stretta di una teoria del bello nell’arte, ma quella più ampia del rapporto tra sensibilità e realtà. L’attenta considerazione del paesaggio come, nello stesso tempo, dimensione primigenia del vivere comune (Settis 2013, Besse 2020) e forma d’arte specifica dallo straordinario impatto nella cultura generale (Roger 1997, Milani 2017) comporta un ripensamento più generale dell’estetica filosofica, come anticipato nella filosofia italiana da un precursore come Assunto (1973) e sostenuto poi nell’estetica di lingua anglosassone da pensatori come Berleant (1991, 2002, 2010) e nella geografia culturale francese da autori come Berque (2019, 2022) e Besse (2017).
L’importanza della percezione per la definizione del paesaggio comporta il conseguente riconoscimento della pluralità dei mezzi e dei linguaggi con i quali questa stessa percezione viene costruita nei più diversi contesti. La percezione del paesaggio non è mai un fatto neutro, ma si costruisce in relazione a un patrimonio di rappresentazioni codificate nei diversi mezzi espressivi e sedimentate nel tempo.
Il call for papers “Paesaggi e media” si propone di indagare le mediazioni in cui il paesaggio si costituisce. Le forme di mediazione nelle quali i paesaggi sono comunicati e costruiti vanno dalle mappe ai dipinti, dalla land art alle performance place-based, dalla fotografia al cinema, dalle descrizioni dei romanzi alle sceneggiature delle serie tv, dalle immagini reperite dall’industria del turismo a quelle dei documentari e dei servizi dei programmi televisivi. La mediazione dell’immagine è ora propriamente artistica, come nel caso della land art, ora legata a evidenti esigenze di marketing, come nel caso delle brochure turistiche. In alcuni casi, la funzione mimetica prevale su quella comunicativa per meglio corrispondere a obiettivi di conoscenza, come avviene nelle mappe, ma anche in certi modi di considerare il disegno di paesaggio (si pensi, ad esempio, all’uso che Alexander von Humboldt fa dei disegni come strumenti cui associare la descrizione analitica degli elementi del paesaggio); in altri casi, la funzione comunicativa prevale su quella descrittiva/mimetica, come nel caso già citato delle immagini Instagram, ma, andando un po’a ritroso, anche delle cartoline. La call for papers “Paesaggi e media” si svilupperà nelle tre sezioni descritte qui di seguito, sollecitando i contributori a concentrarsi su uno dei seguenti argomenti:
- La natura mediata del paesaggio da un punto di vista storico-critico. Si trovano tracce della consapevolezza della natura mediata del paesaggio tanto nel dibattito geografico moderno, che tipicamente muove dalla tradizione morfologica e fisiognomica tedesca (Hettner 1873) per giungere alla geografia non-rappresentazionalista (Thrift 2008, Wylie 2013, Boyd & Edwardes 2019), quanto in quello estetologico, che da Ritter (1964) alla contemporanea teoria delle atmosfere (Griffero 2016, 2021) si concentra sulla relazione tra soggetto d’esperienza e realtà spaziale. Si accettano contributi che identificano, in questi plurali percorsi, snodi di particolare rilevanza, rappresentati da autori, dibattiti, confronti e argomenti di carattere generale e teoretico.
- Le diverse mediazioni del paesaggio. Si invitano i contributori a riflettere sul modo specifico in cui ciascun mezzo effettivamente realizza la mediazione tra soggetti d’esperienza e paesaggi. In questa sezione, saranno accettati contributi dedicati al paesaggio nelle mappe, nella pittura e nel disegno, nel romanzo e nella musica, nella fotografia (e i suoi usi sociali, dalla cartolina all’immagine social) e nel cinema, fino alla mediazione digitale, che consente di rielaborare ciascuna delle mediazioni precedenti, ma anche di produrne di inedite, come nel caso della realtà aumentata. Saranno accolti contributi su temi più teorici, come ad esempio le differenze tra paesaggio naturale e paesaggio antropizzato nelle immagini, oppure più empirici, legati a casi-studio relativi a paesaggi specifici, o a specifiche rappresentazioni degli stessi.
- Estetica, etica e politica del paesaggio mediato. Si invitano i contributori ad approfondire il nesso tra rappresentazione del paesaggio e concetti quali autenticità, originalità, pratiche, azioni nell’ambito del paesaggio stesso. Quali valutazioni possono essere date dell’attuale inflazione d’immagini relative ai paesaggi nel contesto della comunicazione social e delle pratiche turistiche più diffuse? In che modo il marketing territoriale interagisce con la natura stessa dei paesaggi e la loro percezione? Quali mediazioni sono implicate nelle misure di tutela e valorizzazione del patrimonio paesaggistico (heritage) e quali problemi pone la patrimonializzazione del paesaggio? In che senso i conflitti territoriali possono essere interpretati anche come conflitti tra immagini? Quali idiosincrasie possono svilupparsi nel contesto contemporaneo tra immaginari diversi relativi ad uno stesso paesaggio? Anche in questo caso, saranno accolti contributi teorici o empirici, legati a casi-studio particolari.
Deadline invio abstract: Dicembre 2023
Deadline consegna contributi: giugno 2024
Lunghezza dei contributi: 30000 caratteri (esclusi riferimenti), da inviare in forma anonima, corredati da un breve abstract + una lista di 5 parole chiave, entrambi in inglese.
Le norme redazionali sono sul sito (https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/aesthetica-preprint/index)
Inviare proposte e i testi completi ai vostri indirizzi mail e in copia a: aestetica.preprint@gmail.com, paolo.dangelo@uniroma3.it, lisa.giombini@uniroma3.it, giacomo.fronzi@uniba.it, leonardo.distaso@unina.it NON UTILIZZARE IL MODULO PER LA SUBMISSION PRESENTE SUL SITO