Abstract
Il nome più famoso è quello di Amilcare Cipriani, ma poco si sa degli altri italiani che parteciparono alla Comune di Parigi. C’erano i garibaldini, reduci dell’Armata dei Vosgi, la cui presenza nella capitale francese alla vigilia della rivolta suscitava simpatia nella popolazione. Erano invece oggetto dell’odio di conservatori e clericali: li consideravano sovversivi, “eretici e scomunicati” e li temevano per la preparazione militare. All’insurrezione presero parte altri italiani, non sempre combattendo sulle barricate. Alcuni ricoprirono incarichi “civili”, altri prestarono servizio negli ospedali e nelle ambulanze. Accanto a quelli che potremmo definire “rivoluzionari professionali” troviamo medici, scultori, musicisti. C’erano oriundi e soprattutto tanti emigrati, che aderirono alla rivolta non per convinzione ma per necessità. Attraverso percorsi diversi, nella primavera del 1871 si ritrovarono tutti a Parigi e pagarono con il carcere, la deportazione, anche con la vita. In nessun altro paese le ripercussioni degli eventi parigini ebbero la stessa ampiezza che in Italia, dove numerosi giovani rivoluzionari volsero le spalle al mazzinianesimo per aderire all’Internazionale. Un esito al quale dette un apporto decisivo Garibaldi che difese la Comune, attaccata da Mazzini, e divenne il polo d’attrazione per un nuovo movimento politico che traghettò la democrazia risorgimentale verso il socialismo.