TransCulturale https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/transculturale <p><strong>TransCulturale. <em>Passaggi tra scienze e pratiche di trasformazione</em></strong> rappresenta un luogo fisico e mentale dove possono agire <em>menti</em> diverse nel senso dato da Gregory Bateson di <em>aggregazioni di idee.</em></p> <p>Viviamo in un’epoca all’interno della quale tutte le geografie e le culture<em> perdono i loro confini, si ridefiniscono e vengono ridefinite </em>contribuendovi migranti, artisti, nativi, stranieri, con i loro vissuti, le loro storie, i loro <em>prodotti culturali</em>.</p> <p>Abitiamo tutti in una <em>terra di frontiera</em> e dovremmo, di conseguenza, <em>pensare</em>, <em>agire</em>, <em>educare</em> in una terra di frontiera. Il passaggio da una linea di confine a terra di frontiera fa guardare diversamente le culture, le diverse esperienze, i valori e le strategie di sopravvivenza di quanti abitano, presidiano e attraversano le terre di frontiere. Rispetto a una linea di confine dove si deve per forza restare o di qua o di là, in una terra di frontiera ci si trova più spesso nel mezzo, senza poter dire se si è più da una parte o dall’altra, sentendoci anzi un po’ qui e un po’ là (Anzaldúa, 1987; Clifford, 2008). Dovremmo per questo lavorare per trovare insieme le forme di una migliore convivenza umana che finora sono state disattese delle ideologie del multiculturalismo e dell'interculturalismo.</p> <p>La dimensione transculturale assegna all’<em>alterità</em> un ruolo cruciale nella costruzione identitaria in grado di promuovere autentiche <em>relazioni</em> tra le culture (contro ogni forma di <em>sintesi</em>), favorendo una maggiore capacità di esplorazione del proprio vissuto. Tale prospettiva ci esorta a <em>decolonizzare </em>la mente monocolturale (Ngugi wa Thiong'o, 1986), <em>disoccidentalizzare</em> la visione del mondo (Latouche, 2002), <em>riscrivere</em> la storia dell’altro (de Certeau, 1975), senza tuttavia cadere in facili <em>enfatizzazioni dell’altro.</em></p> <p>In particolare, nell’ambito delle scienze sociali, antropologiche, psicopedagogiche e psichiatriche (Devereux, 1975; Ancora, 2006; Moro, 2009, Goussot, 2013) l’approccio transculturale si è rivelato particolarmente valido nelle relazioni educative e di aiuto per favorire processi di inclusione e contrastare ogni forma di assimilazione delle «culture di provenienza» alla cultura dominante. Questi ambiti di ricerca e di intervento hanno permesso negli ultimi tre decenni di abbattere i confini, di abbracciare i cambiamenti culturali, aprire spazi per costruire nuove nozioni di «diritto», di «salute», di «convivenza», di «appartenenza». Più in particolare, nel settore degli studi dell’arte e delle letterature contemporanee (D'haen, 2012; Rosendhal Thomsen, 2008; Reichardt, 2018), per la funzione parimenti decisiva attribuita all’arte nella fabbricazione e/o nella decifrazione dei processi di contaminazione culturale, è emersa la dimensione dell’<em>ibridazione</em> e del <em>métissage</em> come linfa di una nuova «poetica della Relazione» (Glissant, 1990).&nbsp;</p> <p>Parlare di una prospettiva transculturale significa quindi collocarla in una dimensione pedagogica, etnografica, storica, antropologica, psicologica di ricerca multisituata e di analisi puntate sugli attraversamenti interdisciplinari evidenziati oggi dalla fluidità delle comunicazioni. &nbsp;</p> <p>La rivista non può quindi che mostrarsi <em>mobile</em><em>, dinamica</em> ed <em>attraversante, </em>utilizzabile da parte di chi si vuol riconoscere come «operatore di confine» pronto a possibili risposte a un mondo in movimento e a un nomadismo di pensiero, necessario a varcare le cosiddette “soglie di competenza” che spesso bloccano il nostro pensare/agire. L’atteggiamento mentale proposto è simile al <em>methòrios</em>, ossia <em>colui che sta sulla frontiera</em>: anche se ha lo sguardo nella sua regione, si protende oltre il confine ed il suo orecchio può così ascoltare le ragioni dell’altro.</p> <p>Non è sufficiente, nella società che si va configurando, attenersi solo ad un mandato “neutro”, “istituzionale”, trascurando gli attraversamenti interni-esterni che ogni processo culturale richiede e produce.</p> <p><strong>Transculturale </strong>vuole aprirsi con una ottica transdisciplinare ai contributi provenienti da diversi campi del sapere. In questa direzione verranno evidenziate percorsi di idee, pratiche educative, ricerche nei contesti multiculturali, storie e vite di personaggi dimenticati in fretta in un’epoca che sembra non avere voglia e tempo di pensare e di andare <em>oltre</em> una visione “mercantile” delle traiettorie esistenziali. &nbsp;</p> <p>Siamo consapevoli <em>della scommessa</em> che ci attende in tempi così difficili e colmi di preoccupazioni di vario genere. Proprio per questo vogliamo offrire la possibilità di <em>continuare a pensare durante i giorni di crisi</em>, <em>di continuare a sperare e r-esistere </em>a tutti noi operatori transculturali del terzo millennio!</p> <p>Guardiamo alla rivista <strong>Transculturale </strong>come un laboratorio di idee e di esperienze, di riflessioni e testimonianze, raccolte nel presente e proiettate nel futuro, articolandosi in sezioni permeabili.</p> <p><strong>&nbsp;</strong></p> <p><strong>La prima: Passaggi tra scienze.</strong> Il motivo di fondo che ospita questa sezione della rivista può essere riassunto dalle parole di Clifford Geertz: «scopo dell’antropologia è l’ampliamento dell’universo del discorso umano». Lo stesso Geertz ci dà una dimostrazione esemplare di come l’interdisciplinarietà possa costituire il terreno privilegiato di questo ampliamento. Nel suo articolo <em>From the native point of view, on the nature of anthropological understanding</em> (Geertz 1983) egli riprende due concetti coniati in tutt’altro contesto dallo psicoanalista Heinz Kohut, due modalità che si possono applicare a più ambiti disciplinari, le dimensioni di un conoscere “vicino all’esperienza” (experience-near) e di un conoscere “lontano dall’esperienza” (experience-far). La prima modalità potrebbe essere tradotta come ‘osservazione partecipante’, ‘empatia’, ‘dimensione transferale immediata’, la seconda come un ‘lavoro del pensiero e della cultura’, come una ‘riflessione teorica’ che contribuisce ad ampliare la comprensione dei fenomeni osservati. Per Geertz le due modalità diventano fertili solo se si fecondano a vicenda, nella classica dialettica tra prassi e teoria.</p> <p>Questa generatività vale non solo all’interno di una data area disciplinare, poiché concetti tratti da un’altra disciplina possono fecondare la comprensione di fenomeni che vengono solitamente presi in considerazione a partire da una diversa griglia disciplinare. La complessità della nostra epoca richiede uno sforzo particolare del pensiero: senza cadere in un superficiale eclettismo, si tratta di compensare la tendenza alla risposta iperspecialistica e la tentazione dell’aderenza ideologica a una data ‘chiesa’ disciplinare con un’apertura costituiva che coniughi transculturale e interdisciplinarietà.</p> <p><strong>&nbsp;</strong></p> <p><strong>La seconda: Pratiche di trasformazione.</strong> Questa sezione intende raccogliere testi, idee, esperienze che aprano la via di un cambiamento possibile, qui e ora. Immaginare il cambiamento, trasformare il mondo si rivelano necessità stringenti nel momento presente. Far tesoro della filosofia intesa come pensiero dell’esperienza, riprendere discorsi sapienti ma trascurati nel tempo, sono metodi per offrire a ciascuno e a ciascuna la possibilità di fare della vita quotidiana il laboratorio dove nasce l’alternativa alla crisi attuale.&nbsp; Particolarmente benvenuti saranno dunque i contributi che, da specifici vertici di osservazione, campi teorici e metodologici (dall’antropologia transazionale all’etnografia delle migrazioni, dalla psicoanalisi alla filosofia dell’identità, dagli studi postcoloniali alla letteratura migrante, fino alla pedagogia critica e transculturale), hanno saputo e potranno evidenziare progetti, percorsi, risultati, strategie e approcci orientati a una riflessione critica sui processi della formazione delle persone e delle comunità, mirare alla formazione di nuove pratiche e professionalità nel campo della sanità e del sociale; alla costruzione di nuovi "curricola" formativi nell'ambito dell'istruzione, nonché sui processi e sugli effetti che la traduzione concreta delle politiche in tale ambito produce sulle traiettorie lavorative degli operatori. Potranno essere messi in evidenza casi-studio; ricerche empiriche nei contesti educativi multiculturali; esperienze pedagogiche del passato e del presente.</p> <p><strong>&nbsp;</strong></p> <p><strong>La terza: Memorie transculturali nelle pratiche artistiche contemporanee e curatoriali. </strong>Questa sezione, sotto la direzione scientifica di Stefano Polenta, è dedicata ai differenti modi in cui la memoria transculturale è articolata in alcune pratiche artistiche contemporanee legate a esperienze di migrazione, esilio, diaspora, transnazionalizzazione, ma anche ad alcuni esempi di progetti curatoriali e museali innovativi che propongono delle visioni alternative sulle pratiche di esposizione, memorializzazione e archiviazione del passato, evidenziandone le connessioni con la contemporaneità e la sua configurazione postcoloniale. La presente sezione, inoltre, è dedicata all’esame di ‘casi-studio’: dal cinema digitale all’arte figurativa, dalla letteratura transculturale alla musica, dal teatro alla fumettistica. Testimonianze e riflessione critica si intrecciano tra loro proponendo uno sguardo sulle complesse e stratificate interconnessioni tra i contesti culturali, geografici, storici, economici e sociali dell’Europa e del mondo contemporaneo, con particolare a attenzione all’area mediterranea, riconoscendo nei processi globali di migrazione e nella loro formazione storica un elemento imprescindibile per la comprensione del presente.</p> <p><strong><em>&nbsp;</em></strong></p> <p><strong><em>Le conversazioni impossibili.</em></strong><strong> Interviste immaginarie o reali con i "classici". </strong>Conversazioni impossibili con personaggi e opere che hanno segnato con le proprie vite i secoli passati, ma anche il presente, dialoghi che favoriscono la conoscenza scientifica. Sono queste le direttive su cui si basa questa sezione. Sarà possibile dialogare con Tina Modotti o con Rita Levi Montalcini, con George Devereux o con Rainer Maria Fassbinder, con Gloria Evangelina Anzaldúa o con Paulo Freire, con Italo Calvino o Gregory Bateson, con Ernesto De Martino o con Maria Montessori …</p> <p><strong>&nbsp;</strong></p> <p><strong><em>Lo scaffale di Zenodoto di Efeso. Un libro e un film al mese. </em></strong></p> <p><strong>&nbsp;</strong></p> <p><strong><em>Pietre preziose. Articoli scelti.</em></strong> Wilhelm Grimm, apprestandosi a dare alle stampe la settima edizione dei <em>Kinder- und Hausmärchen </em>(1857), di fronte alla difficoltà di stabilire un’origine e una linea di continuità della fiaba, fece ricorso alla metafora di una pietra preziosa andata in frantumi, le cui schegge sparse sul suolo ricoperto di erbe e di fiori possono essere scoperte solo da un occhio che è più penetrante degli altri. La metafora ci è venuta in mente dedicando una sezione a saggi pubblicati nella stampa periodica o anche in volumi collettanei che hanno segnato la storia culturale.</p> <p><strong>&nbsp;</strong></p> <p><strong><em>Immagini in movimento. Album fotografico in composizione</em></strong><strong>. </strong>Ritratti in bianco e nero di filosofi, artisti, scienziati … eretici, ribelli, indomiti, scomunicati, esiliati, tramutati, sconfessati … Ma anche di luoghi/non luoghi, lingue di terre, confini, sconfinamenti.</p> <p>&nbsp;</p> <p>In linea con la prospettiva assunta dalla rivista&nbsp;<strong><em>T</em>rans<em>C</em>ulturale</strong>&nbsp;riteniamo che sia fondamentale il principio del&nbsp;<strong>plurilinguismo&nbsp;</strong>per cui ogni Autore potrà inviare il suo contributo nella lingua madre, nello spirito della condivisione e del mantenimento della originalità del suo lavoro (la segreteria redazionale procederà alla sua eventuale traduzione).&nbsp;</p> <p><strong>&nbsp;</strong></p> <p><em>Alfredo Ancora - Raffaele Tumino</em></p> MIM Edizioni Srl it-IT TransCulturale Editoriale https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/transculturale/article/view/4314 <p>&nbsp; &nbsp;</p> Raffaele Tumino Copyright (c) 2024-09-04 2024-09-04 4 4 5 7 Mobilità umana: Apollo e Dioniso, nomadi, migranti, pellegrini e turisti https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/transculturale/article/view/4315 <p>L’estrema complessità del fenomeno della mobilità umana impedisce una sua classificazione esaustiva. Di contro, è interessante approfondire la percezione/consapevolezza che l’umanità ha di vivere oggi in condizioni di non radicamento e di amare/odiare gli spostamenti. La condizione postmoderna degli esseri umani appare proprio quella di vivere in perenne mobilità, sia in termini materiali che esistenziali. Il Dasein, l’essere consapevoli della propria autenticità perché situati in un luogo, di Martin Heidegger ci vieterebbe di pensare che il viaggio serva a provare esperienze autentiche. Questo contrasta con l’incitazione di Friedrich Nietzsche a vivere una vita con orizzonti di infinite prospettive e a mettersi, quindi, in viaggio, in un confronto continuo tra apollineo e dionisiaco. Apollo e Dioniso sono ancora in viaggio per il Mondo e si dirigono a Delfi, dove continueranno a condividere il tempio e le vette del monte Parnaso, alternandosi sul soglio dell’altare col cambio delle stagioni. La conoscenza acquisita durante un viaggio che segue un itinerario tracciato su una apollinea mappa è capace di vincere l’enigma dell’orientamento; la conoscenza acquisita con il vagare nomade sarà disordinata, irrazionale come l’ebbrezza dionisiaca che dà il vino, ma sarà estatica, porterà l’uomo a conoscere senza mediazioni come funziona il mondo. Se chi si interessa di mobilità umana è alla ricerca di una qualche spiegazione delle motivazioni profonde e variabili con lo spazio/tempo che sono alla base del vagare dell’umanità sulla Terra dovrà onorare entrambi gli dei di Delfi, pena la perdita di conoscenza piena dei fenomeni.</p> Gian Luigi Corinto Copyright (c) 2024 2024-09-04 2024-09-04 4 4 11 22 La migrazione come processo transgenerazionale: 7 postulati per descriverla https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/transculturale/article/view/4317 <p>Questo articolo descrive la migrazione in modo un po’nuovo. 7 postulati per descrivere questo movimento unico, singolare e sensibile che interessa diverse generazioni. <br>La migrazione è come un terremoto: la famiglia viene colpita nell’epicentro, nel luogo di migrazione, e poi gli effetti del sisma si diffondono nell’area circostante.<br>Ci siamo dati la possibilità di parlare dei diversi tipi di migrazione che, in ultima analisi, sono anch’essi caratterizzati da da questi diversi presupposti, siano essi forzati, economici, professionali o scelti. </p> Ivy Daure Copyright (c) 2024-09-04 2024-09-04 4 4 23 34 Anche gli animali della foresta sono emigrati in Kenya. Breve racconto clinico https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/transculturale/article/view/4318 <p>Il racconto clinico narra una parte del percorso di consultazione transculturale con una donna somala da cui emerge come il viaggio migratorio abbia messo in crisi la sua presenza nel mondo. Come in un gioco di specchi, quando si entra in una relazione empatica con gli altri culturali spesso si scopre qualcosa sulle proprie origini.</p> Enrico Tuninetti Copyright (c) 2024-09-04 2024-09-04 4 4 37 47 “The Tahiti of the Northern Hemisphere”: Countertransference as Impediment to Transculturalism in Audrey Magee’s The Colony (2022) https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/transculturale/article/view/4319 <p>Victor Turner suggests that travel is an intrinsically liminal experience, detaching the traveller from the structures of their normal lives and immersing them in an unfamiliar, perhaps even incomprehensible, environment. In theory, this suspension in unfamiliar spaces should invite a willingness to embrace the different perspectives one encounters, thus expanding one’s mind. The difficulty, as Georges Devereux argues, is that the observer rarely succeeds in adopting an objective gaze when confronted with an unfamiliar culture. Rather that gaze is structured by their own expectations, resulting in the imposition of meaning on what is observed, a process he describes as “countertransference”. This essay will analyze the difficulties identified by Devereux in constructing a genuinely transcultural perspective, using as a case study Audrey Magee’s novel The Colony (2022).</p> Aoileann Ní Éigeartaigh Copyright (c) 2024-09-04 2024-09-04 4 4 51 63 Les Violences traditionelles contre les femmes https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/transculturale/article/view/4320 <p>&nbsp; &nbsp;</p> Nicoletta Cella Rita El Khayat Copyright (c) 2024-09-04 2024-09-04 4 4 67 73 Trittico Migrante https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/transculturale/article/view/4321 <p>&nbsp; &nbsp;</p> Alfredo Ancora Copyright (c) 2024-09-04 2024-09-04 4 4 77 81 Il secolo mobile. Saggio storico di Gabriele del Grande https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/transculturale/article/view/4322 <p>&nbsp; &nbsp;</p> Raffaele Taddeo Copyright (c) 2024-09-04 2024-09-04 4 4 83 87 Sui versi di Paola Marconi https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/transculturale/article/view/4323 <p>&nbsp; &nbsp;</p> Raffaele Tumino Copyright (c) 2024-09-04 2024-09-04 4 4 91 96