Autorizzazione del Tribunale di Bolzano n. 7 del 28 maggio 2013
9788857537917
2282-4022
Biannual
Filosofia teoretica
Double blind peer review
Code of Ethics
1. RESPONSIBILITIES AND DUTIES OF EDITORS
Editors are accountable for what is published in their journal.
They should have the task to:
a. promote freedom of expression;
b. strive to meet the needs of readers and authors;
c. strive to constantly improve their journal;
d. have processes in place to assure the quality of the material they publish;
e. always be willing to publish corrections, clarifications, retractions and apologies when needed;
f. preclude business needs from compromising intellectual and ethical standards.
2. RELATIONS WITH AUTHORS
a. Editors’ decisions to accept or reject a paper for publication should be based on the scientific relevance, clarity and originality of the paper.
b. A description of peer-review processes should be sent to the authors and editors should be ready to justify any important deviation from the described processes (see peer-rewiev criteria of the journal).
c. Editors publish guidance to authors on everything that is expected of them. This guidance should be regularly updated.
3. RELATIONS WITH REFEREES (see peer-rewiev criteria of the journal)
a. Editors should provide guidance to reviewers on everything that is expected of them including the need to handle submitted documents in confidence.
b. Editors should require reviewers to disclose any potential competing interests before agreeing to review a submission.
c. Editors should have systems to ensure that peer reviewers’ identities are protected.
4. RELATIONS WITH EDITORIAL BOARD MEMBERS
Editors should provide new editorial board members with guidelines on everything that is expected of them and should keep existing members updated on new policies and developments.
5. RELATIONS WITH JOURNAL OWNERS AND PUBLISHERS
a. The relationship of editors to publishers and owners should be based on the principle of editorial independence.
b. Editors should make decisions on which articles to publish based on quality and suitability for the journal and without interference from the journal publisher.
6. EDITORIAL AND PEER REVIEW PROCESSES (see peer-rewiev criteria of the journal)
a. Editors should strive to ensure that peer review at their journal is fair, unbiased and timely.
b. Editors should have systems to ensure that any material submitted to their journal remains confidential while under review.
7. PROTECTING INDIVIDUAL DATA
Editors must obey laws on confidentiality in their own jurisdiction. Regardless of local statutes, however, they must always protect the confidentiality of individual information obtained in the course of research or professional interactions. It may be possible to publish individual information without explicit consent if public interest considerations outweigh possible harms.
8. QUALITY ASSURANCE
Editors should take all reasonable steps to ensure the quality of the material they publish, recognizing that journals and sections within journals will have different aims and standards.
9. DEALING WITH POSSIBLE MISCONDUCT
a. Editors have a duty to act if they suspect misconduct or if an allegation of misconduct is brought to them. This duty extends to both published and unpublished papers.
b. Editors should not simply reject papers that raise concerns about possible misconduct. They are ethically obliged to pursue alleged cases.
10. INTELLECTUAL PROPERTY AND DEBATE ENCOURAGEMENT
a. Editors should be alert to intellectual property issues and work with their publisher to handle potential breaches of intellectual property laws and conventions.
b. Editors should encourage and be willing to consider cogent criticisms of work published in their journal.
c. Authors of criticised material should be given the opportunity to respond.
d. Studies reporting negative results should not be excluded.
11. COMMERCIAL POLICY
a. Journals should have policies and systems in place to ensure that commercial considerations do not affect editorial decisions.
b. Editors should have declared policies on advertising in relation to the content of the journal and on processes for publishing sponsored supplements.
12. CONFLICTS OF INTEREST
a. Editors should have systems for managing their own conflicts of interest as well as those of their staff, authors, reviewers and editorial board members.
b. Journals should have a declared process for handling submissions from the editors, employees or members of the editorial board to ensure unbiased review.
Si riporta il regolamento dei criteri di referaggio che vengono costantemente aggiornati secondo le indicazioni ANVUR:
REGOLAMENTO E CRITERI DI REFERAGGIO
(a partire dal n. 12 aggiornato con il Regolamento Anvur per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche, Delibera del Consiglio Direttivo n. 42 del 20/02/2019)
1. Gli articoli pubblicati, ad eccezione dei casi previsti dal presente Regolamento nel punto 2, sono sottoposti a referaggio con il sistema del «doppio cieco» («double blind peer review process»). Dopo una prima verifica di attinenza al tema di riferimento e controllo del rispetto delle principali norme redazionali, la Direzione consegna l’articolo ai Revisori in forma anonima e non comunica all’Autore i nomi dei Revisori. La Direzione è vincolata al doppio segreto.
2. Il sistema di referaggio – etimologicamente refertum agere – ha l’obiettivo di accertare la consistenza scientifica della pubblicazione in un’ottica per necessità consultiva e non decisionale (se così non fosse, ciò che si chiama Direzione perderebbe il suo tratto essenziale). In caso di valutazioni divergenti dei Revisori è perciò la Direzione a decidere di quale giudizio tenere conto alla luce dei criteri valutativi stabiliti nel punto 4. La Direzione ha altresì facoltà di procedere su invito e non assoggettare a revisione i contributi in due casi: laddove si tratti di Autori di consolidato valore scientifico e chiara fama nazionale e internazionale e laddove sia indispensabile offrire ospitalità alle risposte a obiezioni e critiche ricevute nei numeri precedenti della Rivista stessa.
3. I referenti sono scelti dalla Direzione tra docenti delle università italiane ed estere. Non sono membri del comitato redazionale, ma, data la particolare ampiezza e competenza sui temi trattati del comitato scientifico, possono appartenere a quest’ultimo secondo quanto previsto dal Regolamento Anvur per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche (cfr. esplicitazione contenuta nella Delibera del Consiglio Direttivo n. 42 del 20/02/2019, con particolare riferimento al Capo III, articolo 9, 4.c). In osservanza dell’anonimato dell’Autore e dei Revisori, che sono e rimangono noti solo alla Direzione (cfr. 1), quest’ultima ha il compito di mediare tra loro.
4. Criteri di valutazione:
a) coerenza all’ambito disciplinare;
b) coerenza al tema del numero;
c) chiarezza dell’esposizione;
d) argomentazione delle tesi;
e) controllo della fonte.
5. Sulla base dei criteri esposti nel punto 4 i Revisori formulano il giudizio finale:
a) accettazione dell’articolo (pubblicabile);
b) accettazione dell’articolo previo apporto di modifiche suggerite dai Revisori e accolte dalla Direzione (pubblicabile a condizione che);
d) non accettazione dello scritto (non pubblicabile).
6. Nella sua azione di mediazione la Direzione trasmette all’Autore il giudizio dei Revisori nei casi 5.b e 5.c, allegando chiara ed esaustiva motivazione. Nel caso 5.a si limita a comunicare all’Autore l’avvenuta accettazione per pubblicazione.
La rivista attualmente è presente nell'elenco delle riviste scientifiche per l'area 11 dell'Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) ai fini dell'Abilitazione Scientifica Nazionale.
“Io è l’altro” scriveva Arthur Rimbaud, forzando non solo la sintassi, ma anche l’idea di unità e di integrità dell’individuo, dell’io. Un io che vedrebbe sgretolarsi quel guscio immaginario su cui costruiamo la nostra idea di unità e di unicità, per riconfigurarsi come il risultato di uno scambio, di un intreccio continuo e costante, che viene dal passato e che continua nel presente. Lo stesso accade se proviamo a declinare quell’io al plurale in noi, per scoprire che anche questo noi, che spesso ci piace pensare come “naturale”, sul quale spesso costruiamo narrazioni, ideologie e finanche politiche identitarie, è invece un prodotto della storia e non della natura.
Rimbaud wrote: “I is another one”. With this words he forced not only the syntax, but also the idea of the self integrity of the individual, of the “me”. A “me”, whose imaginary shell on which we often built our identity is crashing, that is the result of a continuous and constant exchange, coming from the past and continuing in the present. The same thing happens if we try to decline that me in us. Even this us, that often we think as natural, on which we build stories, ideology and identitary politics, is a product of history e not of nature.
University of Houston
Secondo Heidegger, in Parmenide l’essere appare come un tratto dell’identità, ma l’identità non fonda l’essere. L’essere umano e l’essere sono connessi, si appartengono l’un l’altro, ma ciò che li fa co-appartenere, l’evento dell’identità, non può essere pensato con le categorie dell’essere. La proposta di Heidegger consiste nell’introdurre un salto che porti via dalle categorie rappresentative e ci metta in contatto con la nostra appartenenza all’essere. E l’essere che è presso di noi parla con il linguaggio della tecnica, o dell’era atomica. Per via della comune appartenenza, la sparizione dell’uomo causata da una deflagrazione nucleare coinciderebbe con la sparizione dell’essere. Il fondo nichilista del pensiero heideggeriano dell’identità viene così svelato. L’alternativa alla scomparsa dell’essere è la redenzione dell’uomo, ma che l’uomo debba essere redento è solo un’ideologia, non diversa in questo dalla liberazione dall’alienazione. Nessuna critica politica all’impero della tecnica può evitare di confrontarsi con Heidegger, ma l’oltrepassamento dell’atteggiamento calcolante della presente era dell’essere rimane l’espressione più pura dell’ideologia heideggeriana. In Heidegger, ciò che c’è veramente da pensare è la differenza in quanto differenza. Ma se il pensiero e l’essere escono dallo stesso “campo”, dalla radura dell’evento-appropriazione, risulta difficile stabilire una netta differenza tra i vari modi in cui l’essere è stato rappresentato e un nuovo pensiero dell’essere la cui concettualizzazione consiste nel non poterlo/doverlo rappresentare. È forse necessario, a questo punto, risalire dalla differenza alla divergenza (un termine che lo stesso Heidegger introduce) per riproporre il problema in un modo che è allo stesso tempo più trascendentale e più materialistico, cioè più vicino al concetto di clinamen.
A Reading of Heidegger, Identity and Difference
According to Heidegger, Parmenides’s Being is a trait of identity, but identity does not provide a foundation to Being. Being and human being belong to each other but what makes them belong to one another (the event of identity) cannot be made an object of thought. The categories of Being are not good at that. Heidegger proposes to “leap” away from representational categories so as to find a new connection with the reciprocal belonging of Being and human being. The Being that is closer to us speaks with the language of technology—of the atomic age. Because of their reciprocal belonging, the disappearance of humankind in case of a nuclear explosion would therefore coincide with the disappearance of Being. The nihilistic foundation of Heidegger’s thinking is here revealed. Redemption is Heidegger’s alternative to disappearance. Yet, as an ideology, redemption is not different from the dream of total liberation from alienation. No critique of technology can avoid addressing Heidegger’s concerns, but the hoped-for overcoming of the calculating attitude of the present epoch of Being is the purest expression of Heidegger’s ideology. In Heidegger, to be sure, difference qua difference is what remains to be thought. Yet, if thinking and Being emerge from the same “field”—the “clearing” of the appropriating event—then it is not easy to operate a clear-cut distinction between the various ways in which Being has been represented and a new way of thinking Being whose conceptualization comes down to the obligation of not representing it. It may be necessary to take a step back from difference to divergence (a term Heidegger himself introduces) in order to reposition the question on a level that is at the same time more transcendental and more materialistic—closer to the notion of clinamen, that is.
Nel pensiero di Emanuele Severino, la Díke rappresenta un principio, prima ancora che giuridico e religioso, squisitamente ontologico: ritornando all’Origine da cui provengono, gli enti sono un “render giustizia”; nel loro divenire, ossia nel loro stesso commettere ingiustizia contro se stessi in quanto enti, ritornando all’Uno rendono giustizia al loro diritto di essere, ristabiliscono la giustizia dell’essere.
Alla luce di tale principio teoretico, è necessario stabilire se vi sia un collegamento o un “passaggio” fra tale nozione “ontologica” di Giustizia e la giustizia in senso tipicamente etico-sociale.
According to the thinking of Emanuele Severino, Díke is primarily an ontological principle rather than a legal and religious one: returning to the Origin whence they came, the beings are a “rendering of justice”; in their becoming, i.e. in their committing injustice against themselves as beings, in the course of returning to the One, they render justice to their right to be, they restore the justice of being.
In light of this theoretical principle, it is necessary to establish whether there is a link or a “pathway” between this “ontological” notion of Justice and justice in the typical ethical-social sense.
Università di Udine
Luca Taddio è stato docente a contratto di Estetica presso l’Università di Udine, Trieste e Ferrara. Si occupa in particolare di filosofia della percezione e di teoria dell’immagine. Ha pubblicato i seguenti libri: Spazi immaginali (2004), Fenomenologia eretica (2011), L’affermazione dell’architettura (con Damiano Cantone, 2011), Global Revolution (2012), I due misteri (2012), Verso un nuovo realismo (2013).
A partire dal legame arte-tecnica si intende prendere in esame il valore dell’opera d’arte come forma della volontà di potenza. Lo stare dell’opera, il suo erigersi e il suo imporsi all’incessante divenire si configura attraverso il compimento della sua esistenza. La forma-progetto del suo esistere non offre spazio d’essere a quell’informe situazione di instabilità che chiamiamo “morte”. Questo luogo per noi non rappresentabile, in cui l’invisibile e il silenzio divengono una cosa sola, è ciò che letteralmente non può avere stabilità, e quindi senso.
Starting from the relation between art and technics, here we would like to examine the value of the work of art as a form of will to power. The persistence of the work of art, its emergence and its imposition over the incessant becoming, is configured through the fulfillment of its existence. The form-project of its existence leaves no room for that amorphous situation of instability which we call “death”. This place, where the invisible and silence become one thing, is for us unrepresentable; it is literally that which cannot have any stability, and thus any meaning.
Università degli studi di Udine
Il presente saggio ripercorre, a partire dalle celebri analisi del corso del 1929/30, Concetti fondamentali della metafisica. Mondo, finitezza, solitudine, la progressiva espulsione, messa in atto da Heidegger, dell’animale dal mondo significante. L’esito radicale di tale rimozione è l’abisso che separa l’uomo in quanto esistente dall’animale in quanto vivente. Sullo sfondo di tali analisi emergono i limiti stessi della ripresa heideggeriana di Aristotele nel suo intreccio tra logos e ontologia che dovrebbe contraddistinguere per Heidegger l’essenza dell’humanitas depurata dalla sua animalità. Si tratta, al contrario, a partire proprio da Aristotele, di riprendere quella questione politica immane, ma sempre aperta, del nostro essere assieme, di noi come gli animali che siamo: quella del senso profondo di ciò che ci vincola l’uno all’altro in quanto esseri viventi.
The Political Difference: Heidegger and Animalitas
This essay will look at Heidegger’s progressive expulsion of the animal from the meaningful world, starting with the famous analysis of the 1929/30 course, The Fundamental Concepts of Metaphysics: World, Finitude, Solitude. The radical result of this removal is the abyss that separates man who is existent and the animal which is living, as much as. This analysis reveals the actual limits of Heidegger’s revival of Aristotle in his interweaving between the logos and ontology that should characterise the essence of humanitas cleansed of all its animality. On the contrary, starting with Aristotle, it is a matter of going back to the immense political issue, which is always open, of our being together, of us as the animals we are: that of the profound sense of what binds us to one another since we are living beings.
Università Vita-Salute San Raffaele
Università Vita-Salute San Raffaele